Ci sono storie che richiedono anni per venire alla luce, come semi nascosti sotto terra, in attesa di sbocciare. Quella che stiamo per raccontare ha avuto bisogno di più di mezzo secolo per rivelarsi nella sua verità: un’opera attribuibile a Pablo Picasso, finalmente riconosciuta dopo sessant’anni di oblio. Quando si parla di un gigante dell’arte come lui, ogni scoperta diventa immediatamente un evento di portata mondiale, un tributo alla sua immensa eredità. Ma è l’origine di questo ritrovamento che colpisce per la sua incredibile semplicità, quasi a voler ricordare che l’arte trova sempre il modo di farsi riscoprire, anche nei luoghi più inaspettati. Torniamo indietro agli anni ’60, in un’Italia che sta vivendo il suo boom economico. Un rigattiere di Pompei, il cui nome rimane volutamente celato, si imbatte in una tela arrotolata durante uno sgombero in una vecchia villa di Capri. Non può sapere che quel quadro rappresenta una svolta nella sua vita e in quella della sua famiglia. Vi è raffigurata una figura femminile, il volto scomposto e frammentato come solo Picasso sapeva fare. Sopra, una firma che lui non riconosce: “Picasso”.
Ignaro del suo valore, il rigattiere la porta a casa. È la moglie, con la semplicità tipica di chi non si rende conto dell’immenso potenziale di ciò che possiede, a incorniciare la tela e appenderla al muro del loro salotto. E lì, in mezzo a un arredamento modesto, rimane per quasi cinquant’anni, a guardare silenziosamente il passare dei giorni, dei pranzi, delle cene di una famiglia normale, fatta di fatiche e speranze. Fu il figlio maggiore, quando ancora era bambino, a notare qualcosa di strano. Il volto innaturale del quadro appeso gli ricordava un’immagine vista su un libro di scuola. Era un Picasso, forse? Una domanda ingenua che piantò il seme del dubbio. Ma in una casa come la loro, chi avrebbe mai creduto che potessero avere un autentico capolavoro appeso al muro? Eppure, col tempo, quella domanda iniziò a diventare sempre più presente, a bussare alla porta della loro coscienza. Fu solo dopo tanti anni e altrettanti piccoli indizi, grazie a chi poteva vantare un occhio più esperto, che iniziarono le prime verifiche. Erano necessari investimenti, perizie, e naturalmente, c’era il rischio di essere delusi. Ma a volte il rischio vale la pena, soprattutto se la posta in gioco è così alta.
GIULIO CASTELLI